La timidezza non è una malattia. E’ bene specificarlo fin dall’inizio. Parliamo di un tratto della personalità, una caratteristica, di molti esseri umani che tende a non fare espandere la personalità. A non imporla quanto meno.
Una insicurezza, un’esitazione, una forma di pudore che si manifesta in situazioni in cui non sarebbe necessaria. E’ bene ricordare che le insicurezze, le esitazioni ed il pudore non sono un male di per sé: sono estremamente utili e necessari nei momenti giusti!
In contesti sbagliati invece possono diventare un limite. Potremmo dire che la timidezza stessa è un limite. Un confine che si presenta troppo presto.
Arrossire in una situazione imbarazzante non è un problema. Arrossire in una situazione che non è affatto imbarazzante ma soltanto emotivamente coinvolgente, può diventare un freno.
Anche perché gli effetti della timidezza possono diventare davvero severi: palpitazioni, sudorazione accelerata, senso di pesantezza allo stomaco…
In certi casi si possono manifestare anche veri e propri attacchi di panico e fobie sociali.
Che relazione c’è tra balbuzie e timidezza? Non è ben chiara la relazione, non è possibile circoscriverla, ma sappiamo per certo che un nesso c’è.
Non tutti i timidi sono balbuzienti (anche se un timido non balbuziente può balbettare proprio a causa del forte stress emotivo), ma tutti i balbuzienti sono timidi?
In effetti potremmo dire che tutti i balbuzienti sono timidi, o per lo meno la stragrande maggioranza di loro lo è. Quindi qual è il terreno comune tra balbuzienti e timidi? Che cosa unisce queste due categorie umane che in certi tratti si vanno a sovrapporre quasi completamente?
La mancanza di fiducia in sé stessi. Il timido ed il balbuziente, non credono a sufficienza nei propri mezzi. Si sentono goffi, sbagliati, incapaci, non all’altezza.
E’ questo senso di inadeguatezza che gli crea barriere mentali che con il trascorrere degli anni diventano sempre più alte. Un errore momentaneo, un piccolo impaccio, è vissuto come un dramma infinito e una riconferma della propria goffaggine.
L’uomo sicuro di sé, se compie una piccola gaffe, capisce l’errore, lo registra per non ripeterlo, ma prosegue serenamente quello che stava facendo. Il timido, e spesso anche il balbuziente, vive quel piccolo errore come la riprova della sua incapacità.
In questo ambito vi consigliamo di leggere questo articolo sui feedback ed anche questo articolo che riporta l’esperienza personale di un giovane uomo che ha affrontato con successo la balbuzie.
Poniamo l’ipotesi di due uomini: un balbuziente e un normofluente non timido che vivono la stessa situazione: un classico colloquio di lavoro.
Entrambi fanno un errore veniale durante l’incontro: poniamo il caso che sbaglino la pronuncia di una parola inglese che definisce una loro precedente mansione.
Il normofluente non timido, si corregge, sorride magari, e va avanti con la sua presentazione e con il colloquio di lavoro, rispondendo alle domande ostentando sicurezza e serenità.
Il balbuziente si blocca. Quell’errore ha sancito la fine del colloquio. Per lui il resto non esiste più. Ha fatto un errore. Si sente incapace e ridicolo. Questo stato emotivo ovviamente fa aumentare la sua balbuzie e gli inceppi diventano più frequenti e più lunghi.
Ciò ovviamente peggiora ancora di più la sua autostima e aumenta la sua ansia. In pratica il suo colloquio di lavoro diventa un vero orrore che continua a peggiorare di minuto in minuto. Come una barca alla deriva.
L’atteggiamento mentale del timido e del balbuziente, che quasi sempre è sovrapponibile, ha quindi la stessa origine: la mancanza di fiducia in sé stessi.
L’errore diventa un abisso che li inghiotte. Non è una opportunità di crescita, di miglioramento. La timidezza ha anche lati molto belli e positivi, ma il timido tende a vedere soltanto quelli negativi.
E’ noto che molti timidi, e moltissimi balbuzienti, dimostrano chiaramente una sensibilità maggiore rispetto ad altri soggetti non toccati dalle incertezze della timidezza.
Personalità più complesse, delicate, capaci di grandi intuizioni, di grandi performance, di capacità creative… A patto però che imparino a gestire la propria timidezza e/o la propria balbuzie.
E’ bene a questo punto ripetere che la timidezza, così come la balbuzie, non può essere trattata come una malattia. Deve essere trattata come una caratteristica che va gestita.
Molti sono i casi che possono rendere testimonianza che la timidezza non è una malattia invalidante e tanto meno uno scoglio insuperabile: Albert Einstein, Neil Armstrong, Thomas Edison, Mark Zuckerberg, Bill Gates, Ludwig Van Beethoven, Abraham Lincoln, Gandhi… Ma anche Emma Watson, Jim Carrey, Lady Gaga, Johnny Depp…
Questi sono solo alcuni dei nomi famosi per i quali la timidezza è diventata un problema da risolvere. Molti di loro sarebbero considerati socio-fobici, altri hanno mostrato segni di disagio davvero pesanti. Eppure tutti loro sono riusciti a lasciare un segno indelebile nei rispettivi campi d’azione.
Così come i balbuzienti famosi! Vi invitiamo a leggere questo articolo sui balbuzienti famosi ed intanto vi facciamo qualche piccolo nome: Marylin Monroe, Cicerone, Charles Darwin, Giulio Cesare, Alessandro Manzoni, Paolo Bonolis…
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